Perché il vero weird è la realtà.
Il buio è rischiarato da quella luce, calda, invitante che balena e apre in due la notte. Lucciole di fuoco volano nell’aria a centinaia, bruciano e rischiano di dar vita ad altri incendi.
Dicono che il nostro è il mestiere più bello, che siamo eroi, ma siamo qui, nella merda. Il terreno scricchiola sotto i nostri piedi mentre tiriamo i tubi.
Ancora.
Ancora un po’.
Lungo una discesa che sembra inghiottirci, insieme al fuoco.
Il fuoco. Davanti a noi le fiamme sembrano un esercito schierato che avanza piano ma risoluto. Un boato alla nostra destra. Un albero collassa a terra.
Rimane lì come un tizzone saltato fuori dal camino.
Apriamo l’acqua.
La discesa che è diventata di palta, di cenere, scricchiola ancora sotto i nostri piedi.
Siamo eroi, dicono, ma siamo pochi contro un nemico più grande di noi.
Un passaggio.
Un ancora e dovrò tornare per fare rifornimento.
E’ una lotta senza sosta.
Da terra cercano di avanzare lungo i versanti, dall’alto, mentre noi colpiamo il centro
Scarichiamo il nostro carico al centro per indebolire il fronte, isolarlo.
Ma sembra non bastare mai. Quel maledetto incendio sembra prender forza.
Sembra non voler cedere. Si allarga, avanza.
Ha fame di una fame fuori controllo.
Mi abbasso verso le fiamme, mi allineo verso il centro di quello schieramento luminoso.
Ci sono quasi.
Ci sono sopra.
Scarico.
Cabro.
Devo fare rifornimento.
Resistete.
Non avevo mai visto niente del genere nel bosco ed io, nel bosco, ci sono nato.
Ricordo ancora i primi giorni e mio padre con le sue corna belle.
Sembravano pezzi di albero talmente erano fitte. Come quegli alberi che stavano perdendo le foglie rendendo morbido il suolo. Era una bellezza correre su quel morbido manto.
Ma cos’è quella cosa che ci insegue? che ci spinge? che vuole divorarci? Chi è quell’essere che sta divorando tutto? Fuoco lo chiamano i più anziani.
Alcuni di noi non ce l’hanno fatta.
Chi è rimasto indietro.
Chi ha sbagliato strada ed è rimasto bloccato.
Scappiamo mentre casa brucia. Non possiamo fare altro.
Siamo quasi fuori.
Corriamo più forte
Siamo fuori.
Siamo salvi.
Un boato. Un colpo.
Fa male.
Cado a terra.
L’ultima cosa che vedo è un uomo che si avvicina con un fucile in mano.
Fa venire i brividi pensare che, qualche giorno fa, io ero lassù dove ora ci sono le fiamme.
Avevo preso la mia macchina ed ero salito con tutta la famiglia. Ci piace passeggiare tra i boschi il fine settimana.
Con i bambini che corrono per i sentieri ed io e mia moglie che possiamo tirare quasi un sospiro di sollievo.
Lontani da quella città che ci divora, come quel fuoco sta ora divorando la montagna.
Eravamo lì e mia moglie ha raccolto delle foglie, le ha portate a casa.
Quelle foglie sono ancora lì sul tavolo in salotto, ma potevano essere lassù, ridotte in cenere.
E’ strano quanto una semplice azione possa ricadere a cascate in un infinito susseguirsi di reazioni.
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, dicono. Ma è stato fin troppo semplice far partire la scintilla.
Mi avevano detto che il modo migliore era quello di utilizzare lo sterco e metterlo sotto una lente, ma questo sole di novembre non è abbastanza forte.
Ma alla fine è bastato un fiammifero per scatenare tutto.
Ad ogni azione corrisponde una reazione, dicono. Ma quel fiammifero è molto più difficile da spegnere che da accendere a quanto vedo.
Gli occhi sono puntati lì.
Sulla meravigliosa danza delle fiamme, degli uomini e i mezzi che ruotano attorno come un carosello d’oro fuso.
Tutti gli occhi sono puntati lì e pensare che, molta gente che ora sta guardando la montagna bruciare, è solo grazie a me che si ricorda di lei.