Caro lettore, una piccola prefazione prima di iniziare.
Questo racconto, perché di racconto si vuole trattare, non è per la prima ed ultima festa di un anno. Non è nemmeno per invogliare il concetto di “buono proposito”.
E’ un racconto che non pretende di far nulla, se non essere un racconto e, perciò, raccontare.
Erano le prime luci dell’alba.
Che giorno era? Nei primi istanti non lo riconobbi.
Era il primo gennaio.
I festeggiamenti erano passati come fanno gli aerei sopra le nostre teste: facendo un gran rumore e lasciando segni che a poco a poco svaniranno, ma è per chi ci sta sopra che l’aereo è importante, non tanto per chi lo guarda da terra. Per lui è una sorta di contorno del quale avrebbe fatto magari anche volentieri a meno.
Non che io avessi partecipato ai festeggiamenti.
Avevo preferito la compagnia di nessuno piuttosto che aver vicino nessuno da compagnia, o almeno la compagnia che preferivo.
Avevo tutto per superare la nottata indenne.
Avevo libri.
Avevo film.
Avevo da mangiare.
Avevo da bere.
E quindi mi misi comodo sul divano.
La mezzanotte si avvicinava inesorabile; in televisione un cartone animato.
La storia di uno straccione che, attraverso una finissima serie di false sfighe, diventa principe e marito di una ricca ereditiera araba. Conosciamo tutti la storia di Aladin.
Era passato molto tempo dalla prima visione e mi resi conto del vero significato della storia; morale che viene spiattellata in faccia dalle prime immagini. Non è la storia di come tutti possono diventare qualcuno. non è una storia di riscatto e d’amore.
Lui diventa tale perché è predestinato.
“Un diamante allo stato grezzo.”
Niente riscatto se non sei qualcuno.
Cominciamo bene dico io.
Però…
Cos’è lo stato più grezzo del diamante se non il carbone?
Sporco, nero, bruciato.
Ed ogni granello di carbone più, potenzialmente, diventare carbone, togliendo tutte le varie dissertazioni e precisazioni a carattere geologico.
…ed è qui che mi fermai nello scrivere il racconto rendendomi conto che era il resoconto falsato della mia notte di capodanno.
Non ero da solo, ne il mio approccio così cinico.
Ero con mia moglie ed ero totalmente disinteressato ai festeggiamenti; scorrevano via. Ne più, ne meno.
Il mio unico interesse verso la mezzanotte era basato esclusivamente sull’esplosione dei fuochi che avrebbero spaventato Luna, la nostra “figlia pelosa”.
Mi fermai nello scrivere il “canto dei primi giorni dell’anno” perché c’era una cosa fondamentale che non tornava: non lo sentivo.
Ogni parola usciva a fatica e, a malapena, tirava dietro di sé la successiva.
E avevo in mente altro.
Avevo in mente Proxima e la sua trasformazione da racconto a fumetto che si è avviata.
Avevo in mente il romanzo che era arrivato il momento di riprenderlo per sistemarlo.
Avevo in mente che dovevo completare una sceneggiatura per un mio amico ed era troppo tempo che aspettava.
Quindi mi fermai.
Niente Canto per quest’anno.
Mi dispiace 2017, non te la prendere, recupereremo strada facendo.